Alzheimer, si sperimenta il robot da tenere in casa: monitora le attività e l’umore del paziente
Gira per casa, osserva l’anziano, prende informazioni e agisce di conseguenza, cercando di essere anche “simpatico”. E’ una sorta di coinquilino ideale il robot intelligente, in grado di assistere persone con Alzheimer e di socializzare adattandosi alla situazione. Questa una delle novità presentate al convegno “Artificial Intelligence and Health” al Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Roma, e promosso dalla Fondazione Francesco Balsano.
Il robot, messo a punto dai ricercatori dell’Università Federico II di Napoli, è simile al noto modello Pepper amato dai giapponesi: ha viso braccia e mani, ed è in grado di monitorare, attraverso la telecamera, i movimenti del corpo e del viso. In questo modo classifica le attività e l’umore della persona e, se il comportamento non è regolare, interviene: ad esempio può consigliare di bere o prendere medicine se l’anziano dimentica di farlo. O di telefonare a un parente se il paziente si isola.
«Finora – spiega, Silvia Rossi, ricercatore presso il Dipartimento di ingegneria elettrica e delle tecnologie dell’informazione della Federico II – la sperimentazione è stata condotta in laboratorio, dove 30 pazienti sono stati osservati mentre convivevano nella stessa stanza dell’umanoide. A gennaio iniziamo a sperimentarlo nelle case di 40 persone con e senza Alzheimer, per monitorare i benefici per la loro salute. In particolare, quello che stiamo cercando di fare è rendere il robot socievole e modularne il comportamento in base alla persona specifica. Ad esempio, deve capire come e quanto interagire a seconda della situazione». Già diverse le applicazioni in ambito sanitario per i robot intelligenti. «In un esperimento su 60 bimbi presso la Asl di Terni – precisa la ricercatrice – siamo riusciti ad addestrarli a capire quale fosse il modo migliore di interagire, caso per caso, per alleviare l’ansia». Mentre presso l’Ospedale di Padova l’utilizzo è stato nel supporto di bimbi con sindrome dello spettro autistico. «La presenza del robot – conclude – si è dimostrata in grado di sbloccare e facilitare la comunicazione».